domenica 10 aprile 2016

SpaceX e Blue Origin: il futuro del volo spaziale










La nuova filosofia del volo spaziale mira a realizzare veicoli riutilizzabili per abbattere i costi, in una riedizione moderna dello spirito con cui era stato progettato lo Space Shuttle. 
Questa volta, però, lo sviluppo vede in prima linea realtà industriali che, a differenza dei colossi governativi, devono mantenere un più stretto equilibrio tra innovazione e bilancio aziendale.
Tale approccio rende gli investimenti nell'innovazione rapidamente remunerativi o come piace dire agli anglofoni: "cost effectiveness".


Il primo stadio del razzo Falcon 9 durante l'ultima fase di atterraggio.






Mentre SpaceX​ realizza il secondo atterraggio del primo stadio del razzo Falcon 9, questa volta su una piattaforma galleggiante nell'oceano Atlantico; Blue Origin​ effettua il terzo volo suborbitale con lo stesso modulo propulsivo, il New Shepard​, che rientra autonomamente atterrando in una piazzola vicino alla torre di lancio.


Il modulo propulsivo del razzo New Shepard di Blue Origin dopo l'atterraggio.







I due voli, apparentemente simili, sono in realtà molto diversi. 
in questa immagine si può notare la differenza.


Disegno schematico dei profili di volo del razzo New Shepard e del primo stadio del razzo Falcon 9










Il New Shepard effettua un volo suborbitale, il razzo cioè non raggiunge mai una velocità tangenziale (parallela alla superficie terrestre) sufficiente a far percorrere al veicolo un intera circonferenza della Terra, tale velocità è di circa 7 Km/s. Al momento della separazione, poco prima dell'apice della parabola di volo, la velocità, in valore assoluto, è prossima allo zero. 


Rapporto in scala delle dimensioni del razzo Falcon 9 di SpaceX e New Shepard di Blue Origin


Il primo stadio del Falcon 9, pur non raggiungendo neanche esso una velocità orbitale, rientra dopo una separazione a circa 75 Km di quota ed alla velocità di 6500 Km/h ovvero 1,8 km/s. Tale condizione è drammaticamente diversa da quella del New Shepard. Dopo la separazione, mentre il secondo stadio prosegue verso l'orbita, il primo stadio dissipa la velocità acquisita salendo fino a circa 150 Km, solo allora vengono riaccesi 3 dei 9 motori Merlin per indirizzare il razzo nella giusta traiettoria di rientro (BoostBack Burn). Rientrando il razzo perde quota e aumenta la sua velocità, negli ultimi Km di discesa viene riacceso il motore centrale per rallentare il veicolo e controllare la posizione, l'assetto è mantenuto da quattro alette poste in cima, in modo che si posi dolcemente sulle quattro zampe dispiegate.

Se la velocità al momento della separazione del primo stadio è troppo elevata, non è possibile far ritorno alla base di lancio, e qui entra in gioco la piattaforma galleggiante Drone Ship, che fornisce una piazzola di atterraggio nell'oceano.


"Drone Ship": la piattaforma oceanica di SpaceX per l'atterraggio del primo stadio del Falcon 9, è utilizzata quando il profilo di volo non permette il rientro in sicurezza alla base di lancio.









Profilo di lancio e rientro del primo stadio del Falcon 9 con atterragio su piattaforma oceanica.
Qui di seguito il video del rientro del primo stadio del razzo Falcon 9



Il video dei tre voli del razzo suborbitale NewShepard di Blue Origin




Anche in Europa Airbus sta progettando la sua declinazione del razzo riutilizabile.
L'idea si basa sulla constatazione che il costo maggiore del razzo è concentrato nei motori, il resto sono serbatoi vuoti che danno ragione solo per 1/4 del costo complessivo del primo stadio di un razzo orbitale.

Airbus intende sviluppare un modulo motori, in grado di sganciarsi dal corpo del razzo al termine della sua funzione e rientrare, in regime di volo atmosferico, come una piccolo aereo automatico.
























in questo video l'animazione del funzionamento del sistema Adeline di AirBus





Alla Prossima

sabato 26 marzo 2016

ExoMars 2016: Esploso l'Upper Stage Briz-M!



L'upper stage Briz-M, che ha inserito la sonda TGO-Schiaparelli nella traiettoria verso Marte, sarebbe esploso poco dopo il rilascio del carico.
(fonte: www.astronautica.us)

ExoMars è un programma di esplorazione robotica dell'atmosfera e della superficie di Marte; promosso dall'Agenzia Spaziale Europea (ESA) e quella Russa Roscosmos, comprende due missioni: la prima è partita il 14 marzo 2016 e porterà in orbita una sonda, Trace Gas Orbiter (TGO), che analizzerà l'atmosfera alla ricerca alcuni sostanze, presenti in basse concentrazioni, allo scopo di verificare l'ipotesi che in passato, sulla superficie del pianeta possano esse stati presenti organismi viventi.

Trace Gas Orbiter (TGO) con il lander Schiaparelli


La sonda TGO porta un carico secondario, il lander tutto italiano, Schiaparelli.
Schiaparelli è un dimostratore tecnologico, servirà a verificare la capacità di ESA di costruire un lander in grado di effettuare il rientro controllato nell'atmosfera marziana e l'atterraggio morbido sulla superficie; il test sarà utile in vista della prossima missione ExoMars prevista per il 2018 nella quale sarà inviato sulla superficie del pianeta rosso un lander con un rover che sarà in grado di perforare il terreno per effettuare analisi di campioni in profondità.

Il lancio di ExoMars 2016

Dopo il lancio il razzo Proton-M ha immesso il carico in un orbita di parcheggio a bassa quota, successive accensioni dello stadio superiore Briz-M hanno alzato l'orbita aumentando progressivamente la velocità della sonda fino a farle raggiungere la velocità di fuga e piazzarla nella traiettoria prevista per incontrare Marte a ottobre 2016.

Profilo di lancio di ExoMars 2016, con le accensioni dell'Upper-Stage Briz-M


In generale gli stadi superiori (Upper Stage) sono dei motori caratterizzati da bassa potenza, alta efficienza e capacità di accensioni multiple nel vuoto.
Sono utilizzati per aggiustare l'orbita preliminare in cui il lanciatore inserisce il carico.

ExoMars in fase di accelerazione orbitale, è stata espulsa da poco l'ogiva protettiva e il secondo stadio del razzo Proton sta accelerando la sonda verso l'orbita preliminare. Nell'immagine si può vedere il tozzo cilindro bianco dell'upper-stage Briz-M


Il Briz-M è un upper-stage storico dell'Agenzia Spaziale Russa, è costituito da un cilindro centrale che comprende l'elettronica di controllo, i motori primari e di assetto, i serbati di combustibile; è circondato da una ciambella (più precisamente un toro) all'interno della quale è stivato la maggior parte del combustibile di cui è dotato.

Schema dell'Upper-Stage Briz-M


Briz-M ha una massa a pieno carico di 22,5t, di queste ben 20t danno ragione del peso del combustibile. I motori utilizzano combustibili ipergolici (che bruciano semplicemente miscelandoli tra loro): Tetrossido di azoto e dimetilidrazina, generando una spinta di circa 20 KN.
Il motore principale è certificato per eseguire fino a otto accensioni.

Briz-M, è visibile il toro dei serbatoi di combustibile, il cilindro centrale da cui emerge il motore principale (coperto da un tappo bianco) e i motori di assetto (rossi). Le sfere sono serbatoi di elio utilizzati per pressurizzare i serbatoi di combustibile.

Dopo aver esaurito il combustibile stoccato nel toro, quest'ultimo viene sganciato per alleggerire il vettore.

L'Upper-stage Briz-M agganciato alla sonda TGO, si notano il cono adattatore che poggia sul cilindro centrale e il grosso toro esterno dei serbatoi principali.




Nella missione ExoMars 2016, lo stadio Briz-M doveva eseguire quattro accensioni per piazzare il carico utile (Payload) nella giusta traiettoria e poco dopo il rilascio della sonda, avrebbe eseguito un'ulteriore accensione per deviare la sua traiettoria interplanetaria ed evitare il rischio di collisione.


L'esplosione

Come si può vedere nell'immagine, la traccia dello stadio Briz-M è molto più luminosa di quella di ExoMars, analisi ulteriori hanno mostrato che la traccia del Briz-M in realtà è costituita da una nuvola di frammenti.



Fortunatamente il motore sarebbe esploso solo dopo aver rilasciato ExoMars sulla giusta traiettoria e ad una distanza sufficiente a non causare danni.


Alla Prossima.

giovedì 24 marzo 2016

[Storia] La nascita dei servizi di lancio commerciali



Al giorno d'oggi quasi tutti i lanci di satelliti commerciali e scientifici sono affidati a compagnie private; anche i primi servizi per il trasporto di equipaggi si appresta a diventare un servizio offerto dalle industrie spaziali che vedono nel nuovo mercato del turismo spaziale ulteriori opportunità di guadagno.

Può sembrare strano ma il mercato dei lanciatori commerciali non nasce solo dalla crescente domanda da parte dei clienti, l'evento più importante che ha portato alla nascita del mercato dei lanci commerciali è stato il disastro dello Space Shuttle Challenger.


Un nuovo modo di accedere allo spazio

Con il termine del programma Apollo la NASA ha visto ridursi drasticamente i finanziamenti governativi ed iniziò un processo di valutazione sul cosa fare dopo la Luna.
Mentre gli scienziati spingevano per proseguire l'esplorazione del sistema solare mediante sonde automatiche e la messa in orbita di un telescopio spaziale, stava crescendo l'interesse per i satelliti artificiali da parte di soggetti militari sia USA che di altri paesi alleati, per sfruttarne le potenzialità nel campo delle telecomunicazioni e dello spionaggio.

Furono questi i presupposti per lo sviluppo del programma Space Transportation System (STS) che consisteva in una navetta riutilizzabile capace di trasportare in orbita bassa (LEO: Low Earth Orbit) carichi scientifici e militari in modo affidabile e ad un costo relativamente contenuto.

Il progetto fu sviluppato all'interno della NASA ma con la cooperazione del Dipartimento della Difesa, in particolare dell'USAF (United State Air Force), che finanzio parte dei costi.

L'obiettivo dello Space Transportation System era essenzialmente quello di consentire un rapido ed economico accesso allo spazio per il più ampio numero di carichi possibile, per questo motivo le specifiche iniziali prevedevano:
Un sistema totalmente recuperabile: doveva essere costituito da due navette, la prima avrebbe portato il quota la seconda (l'orbiter) agganciato sul dorso, e sarebbe rientrata su una normale pista di atterraggio; l'orbiter avrebbe raggiunto l'orbita bassa e dopo aver rilasciato il carico, sarebbe rientrato atterrando anch'esso come un normale aereo.


Concept del nuovo sistema di trasporto spaziale così come era stato inizialmente pensato dalla NASA. Gli eccessivi costi di sviluppo hanno obbligato NASA a optare per un sistema solo parzialmente recuperabile.


Ampia capacità operativa: 

Lo Space Shuttle poteva trasportare fino a 5 satelliti per un totale di circa 23t di carico utile in LEO oltre a un equipaggio di 4-7 astronauti e un'autonomia in orbita di 14 giorni.


Il monopolio dello Space Trasportation System

Con l'inizio delle missioni operative dello Space Shuttle si determinò il quasi totale monopolio dei lanci satellitari da parte dell'agenzia spaziale americana.


Rilascio di un satellite dal vano di carico dello Shuttle

La NASA forniva servizi di lancio anche per i primi clienti privati e per i governi amici ma con molte limitazioni soprattutto in termini di garanzie sulle tempistiche di lancio dei loro satelliti, la priorità andava sempre alle richieste dell'USAF; inoltre la politica della NASA era quella di non fornire appoggio allo sviluppo di tecnologie estere più avanzate di quelle interne.

Questo tipo di approccio poco commerciale e fortemente influenzato dalla politica rese difficoltoso l'accesso allo spazio per le industrie private e per i governi degli altri paesi alleati. 

Da questo mancanza della NASA ne approfittò la neonata compagnia spaziale Arianspace (vedi seguito...)

Nel corso delle prime missioni fu subito chiaro che le previsioni circa l'usura di molti elementi era stata ottimistica e si rese necessario un incremento delle attività di manutenzione post-volo delle navette, nonostante questo primo aumento dei costi, fu l'esplosione in volo dello Space Shuttle Challenger a cambiare radicalmente il futuro dei lanci satellitari.

Il punto di svolta: il disastro del Challenger

Il programma STS era stato progettato pensando poco alla sicurezza, l'incolumità dell'equipaggio era affidata principalmente alla presunta affidabilità del sistema.
Nel concreto erano state sviluppate procedure di sicurezza solo per alcuni possibili problemi, tra cui la ridotta potenza dei motori principali (SSME) e l'impossibilità di aprire i portelloni del vano di carico una volta in orbita.
La navetta disponeva inoltre di apparati ridondanti per alcuni sottosistemi critici come: i computer del sistema di guida, i propulsori di manovra, le celle a combustibile e altri apprati del sistema di supporto vitale.  
Non era però possibile, per l'equipaggio, abbandonare l'orbiter nel caso questo fosse gravemente danneggiato o allontanarsi rapidamente dalla vettore di lancio nel caso ci fosse stato un'esplosione dei motori.


Esplosione della Navetta Challenger poco dopo il decollo

L'esplosione del Challenger 73 secondi dopo il decollo mostrò a tutti la fragilità del sistema. 

Dopo l'incidente, seguì un'inchiesta che portò alla rivalutazione dei requisiti di sicurezza del programma STS e ne certifico i limiti intrinseci, a cui non fu possibile trovare una soluzione praticabile.

Per essere chiari: in una situazione come quella accorsa alla navetta Challenger, anche dopo la revisione del programma, l'equipaggio non avrebbe avuto modo di abbandonare la navetta.

Nel rapporto finale dell'indagine si stabilì un importante principio: la vita umana è una risorsa troppo preziosa per essere messa in pericolo senza una assoluta necessità, quindi, l'utilizzo di veicoli con equipaggio (manned) doveva essere limitato alle missione in cui fosse assolutamente necessaria la presenza umana.

Per il lancio di satelliti non era necessaria la presenza di un equipaggio, infatti, il servizio poteva essere portato a termine da sistemi automatici.
Questo assunto, assieme ai crescenti costi (un lancio costava circa 500 milioni di dollari) decretò la fine dei servizi di lancio forniti dallo Shuttle.

Quando, 32 mesi dopo l'incidente, la navetta spaziale riprese le sue missioni, il programma non era più lo stesso: il numero dei voli venne drasticamente ridimensionato e indirizzato principalmente alla costruzione della Stazione Spaziale Internazionale

Questo fatto causò un impennata nella richiesta di sistemi di lancio automatici, in primo luogo per il lancio dei carichi militari USA ma anche per la crescente domanda da parte dell'industria civile.

In un primo momento l'USAF riprese ad utilizzare i razzi disponibili prima dell'inizio delle missioni Shuttle; quasi tutti un'evoluzione di missili balistici, tra cui il Titan II, l'Atlas II, etc..

La situazione che si era creata indusse le compagnie, che prima fornivano componenti per i sistemi di lancio alla NASA, a sviluppare servizi di lancio completi: dal ricevimento del carico utile alla consegna dello stesso nell'orbita richiesta. 
Una ulteriore spinta in questa direzione fu data dalle richieste dell'USAF per il programma EEVL.


Evolved Expendable Launch Vehicle (EEVL)

Agli inizi degli anni '90 l'USAF iniziò a delineare le specifiche da richiedere all'industria per un servizio di lancio, progettato fin dall'inizio per le proprie esigenze e non più per sistemi o componenti da utilizzare in proprio ma affidando a compagnie private l'intera gestione dei vettori.
Nel 1994 vennero diffuse le specifiche per il programma Evolved Expendable Launch Vehicle (EELV, Veicolo di Lancio Evoluto Non riutilizzabile).
La competizione vide vincitrici Lockheed Martin e Boing che, per risolvere una disputa legale, unirono gli sforzi in una nuova compagnia spaziale: la United Launch Alliance (ULA).
Le famiglie di lanciatori Delta IV e Atlas V proposte per il programma EEVL

Dal 2006 al 2015 ULA, con i sui razzi Delta IV e Atlas V, ha detenuto il monopolio dei servizi di lancio per l'USAF; fino al 2015, infatti, i suoi razzi erano gli unici ad essere certificati per imbarcare carichi militari e classificati.
Dal 2015 anche il razzo Falcon 9 della SpaceX ha ottenuto la certificazione e potrà competere nelle prossime gare d'appalto indette dal Dipartimento della Difesa Americano.


Razzo Atlas pronto al lancio


Il mercato dei lanci per clienti commerciali ha visto fin da subito la presenza di almeno un concorrente a ULA, l'europea Arianspace.


L'Europa: ESA e Arianspace

il primo operatore commerciale a dare una risposta alla crescente domanda di lanci orbitali fu l'Agenzia Spaziale Europea (ESA).
Fin dai tempi dello Space Shuttle, Arianspace forniva servizi di lancio ai governi europei e a clienti privati con un'ottica orientata al cliente.
La serie di razzi Ariane, in particolare Ariane 4 e Ariane 5 sono caratterizzati da una elevatissima percentuale di successo ed un costo ampiamente inferiore a quello praticato dalla NASA con lo Space Shuttle.

Per ridurre i costi Arianspace ha sviluppato tecnologie per poter lanciare più carichi con lo stesso razzo. 
Ariane 5, in particolare, è stato sviluppato per operare principalmente lanciando 2 carichi alla volta.
I lanciatori operati da Arianspace

Negli ultimi anni al razzo pensante Ariane 5, capace di  portare circa 21t in LEO, si sono affiancati il razzo russo medio Sojuz (3,2t in LEO) e il nuovo razzo leggero Vega: progettato, sviluppato e prodotto principalmente dall'italiana Avio, ha una capacità di carico pari a circa 1,5t in LEO.

La Russia e le repubbliche dell'ex Unione Sovietica

Durante tutto il periodo della guerra fredda, il blocco sovietico è rimasto un'entità chiusa a se stante, l'accessoo allo spazio era prerogativa del governo mediante vari modelli di razzi, quasi tutti predecessori del moderno Sojuz o mediante le prime verisoni del razzo Proton

Decollo di un razzo Soyuz dalla base di Baikonur in Kazakistan

Quando la NASA presentò il programma Space Shuttle l'URSS vide nella nuova navetta spaziale un potenziale bombardiere spaziale capace di portare numerosi ordigni nucleari in orbita e farli rientrare sul territorio russo con pochissimo preavviso.
Per riequilibrare le forze in campo, progettò e testò a tempo di record una navetta spaziale analoga allo Space Shuttle Americano, venne chiamata Buran e ed era lanciata dal potente razzo Energia.
Buran non effettuò alcun volo con equipaggio ma solo test di volo automatico, con la caduta dell'Unione Sovietica il progetto venne abbandonato.

Navetta russa Buran nell'angar e sulla rampa pronta al lancio.

La secessione dei paesi dell'ex Unione Sovietica e l'attuazione degli accordi di riduzione degli armamenti START e SALT generò una sovrabbondanza di missili balistici (ICBM) che non dovevano essere smantellati, molti di questi missili furono convertiti per l'uso commerciale, tra cui il DNEPR e lo Zenit.

Decollo di un razzo DNEPR dal suo silo sotterraneo.


Situazioni attuale

Un cliente che necessità di piazzare un carico in orbita, può scegliere tra un gran numero di lanciatori di diversi paesi: USA, Europa, Russia, Ucraina, Giappone e Cina, che offrono servizi commerciali.
Da qualche anno si stanno affacciando sul mercato nuove aziende che puntano sulla riduzione dei costi di lancio mediante politiche di standardizzazione dei componenti e delle procedure: tra queste spicca l'americana SpaceX che propone lanci di carichi fino a 4,5t in orbita geosincrona di trasferimento (GTO) con il suo razzo Falcon 9 per poco più di 60 milioni di Dollari.

Falcon 9 negli stabilimenti di SpaceX


Recentemente SpaceX è riuscita nell'impresa di far atterrare il primo stadio del Falcon 9, l'obiettivo è riuscire a riutilizzare i razzi per abbassare ulteriormente i costi di accesso allo spazio.

Primo stadio del razzo Falcon 9 di SpaceX in fase di atterraggio. 





Per la prima volta nella storia si è potuto vedere il primo stadio di un razzo orbitale usato!


Alla Prossima

sabato 5 marzo 2016

La nuova capsula Orion (Multi-Purpose Crew Vehicle)







La capsula equipaggio Multi-Purpose Crew Vehicle Orion (MPCV Orion) sarà la nuova navicella spaziale, che la NASA sta sviluppando per consentire agli astronauti di raggiungere destinazioni oltre l'orbita terrestre bassa.

Basata sul design della capsula Apollo, che ha portato l'uomo sulla Luna, è stata progettata per essere più grande, sicura e confortevole per l'equipaggio, potrà trasportare 4 astronauti in missioni di esplorazione o fino a 7 astronauti verso la Stazione Spaziale Internazionale (ISS).


Modulo pressurizzato della capsula



Capsula Orion in fase di assemblaggio


Assieme al modulo di servizio avrà un'autonomia di 21 giorni in volo libero o 210 giorni se attraccata alla ISS.
La capsula, inoltre, sarà riutilizzabile per circa 10 missioni; oltre agli articoli consumabili (propellente, elio, azoto, ossigeno, acqua etc..) i principali elementi, che dovranno essere sostituiti dopo ogni missione sono: il sistema dei paracadute e lo scudo termico. 

Lo scudo termico della capsula


Rispetto allo Space Shuttle, Orion possiede un nuovo scudo termico di tipo ablativo derivato da quello delle capsule Apollo, infatti la navetta spaziale doveva rientrare dall'orbita bassa (LEO: Low Earth Orbit) con una velocità di circa 7,8 km/s, la nuova capsula invece, dovrà sopportare l'attrito atmosferico del rientro da un'orbita lunare e oltre, con una velocità di circa 11 Km/s.
L'intera struttura, inoltre, è progettata per sopportare l'intenso flusso di particelle cariche quando si troverà ad attraversare le fasce di Van Allen.

Le Origini

Il progetto di Orion inizò in seno al programma Costellation; allora la capsula era chiamata Crew Exploration Vehicle (CEV Orion) e il suo sviluppo era guidato da specifiche precise per un ben definito profilo di missione, l'obiettivo era il trasporto dell'equipaggio dalla superficie terrestre all'orbita lunare e ritorno.


Immagine artistica di come sarebbe dovuta apparire la capsula CEV Orion con il modulo di servizio in orbita lunare.

Alla cancellazione del programma Costellation ll modulo di servizio (SM) era nella fase iniziale di sviluppo e prevedeva la capacità di fornire: propulsione per le manovre orbitali, energia elettrica da pannelli solari, acqua, ossigeno e azoto per la sopravvivenza dell'equipaggio.

A differenza del modulo di servizio della capsula Apollo, il motore principale non sarebbe servito per l'immissione in orbita lunare (era stato previsto di utilizzare i motori del modulo lunare Altair), per questo motivo il motore principale doveva avere solo 26 kN di spinta, rispetto ai 98 kN del motore principale del modulo di servizio Apollo, ed era costituito da un motore AJ-10, lo stesso usato dall'OMS (Orbital Maneuvering System) dello Space Shuttle.

Un'altra importante differenza riguarda il sistema di generazione dell'energia elettrica: il nuovo modulo di servizio doveva utilizzare due pannelli solari, simili a quelli montati sul lander marziano Phoenix; un grande cambiamento per la NASA dato che in tutti i programmi con equipaggio precedenti aveva sempre optato per l'utilizzo di celle a combustibile.

NOTA: La tecnologia delle celle a combustibile utilizza la reazione di combustione controllata di idrogeno e ossigeno per generare energia elettrica con produzione di acqua.

L'assenza delle celle a combustibile rende inutile il serbatoio di idrogeno ma allo stesso tempo si rende necessario un serbatoio di acqua che prima veniva generata dalle celle a combustibile come prodotto di scarto e utilizzata dagli astronauti per bere e reidratare gli alimenti.

La cancellazione del programma Costellation arresta il lavoro di progettazione della capsula.

Lo Space Launch System e la nuova capsula equipaggio 

L'avvio del programma SLS vede anche la ripresa del progetto Orion; dopo una rivalutazione globale del lavoro svolto fino a qual momento, si decide di proseguire con poche modifiche al modulo di comando ma sostituendo in-toto il modulo di servizio.

La nuova capsula equipaggio viene rinominata Multi-Purpose Crew Vehicle (MPCV Orion) e dovrà essere in grado di portare a termine diversi profili di missione, dal trasporto di astronauti in orbita bassa verso la Stazione Spaziale, al volo di andata e ritorno verso lo spazio cis-lunare, fino al viaggio verso Marte attraccata ad un qualche tipo di modulo abitativo.

MPCV Orion con il modulo di servizio europeo 
In un'ottica di risparmio la NASA coinvolge nel progetto ESA (Agenzia Spaziale Europea) affidandogli lo sviluppo del nuovo modulo di servizio.

Il nuovo modulo di servizio europeo (ESM) si basa sul modulo propulsivo del veicolo automatico di rifornimento europeo: Automated Transfer Vehicle (ATV)


Automated Transfer Vahicle (ATV) europeo, in alto il modulo propulsivo su cui si basa il nuovo modulo di servizio europeo per la capsula Orion.
Un altro importante cambiamento nelle consuetudini dell'agenzia spaziale americana è l'introduzione di un sistema di attracco automatico. Fino ad ora tutti i veicoli progettati dalla NASA, dalle capsule Gemini allo Space Shuttle, dovevano essere guidate manualmente durante le manovre di attracco (docking) con un altro veicolo o con la stazione spaziale, mentre i veicoli russi dispongono fin dagli anni '80 di un sistema di attracco automatico che, in caso di emergenza, può comunque essere svolta in modalità manuale.


Battesimo del fuoco

Il primo volo di test senza equipaggio della capsula Orion è stato effettuato il 5 dicembre 2014, lanciata da un razzo Delta IV Heavy (il più potente razzo attualmente in produzione), la capsula Orion con un simulatore di massa al posto del modulo di servizio e della torre di fuga ha eseguito due orbite attorno alla Terra, raggiungendo la quota di 5800 km prima di rientrare nell'atmosfera; a titolo di confronto la Stazione Spaziale Internazionale (ISS) è posta in un'orbita a circa 400 km di quota.




Il video seguente mostra le fasi più significative del volo di test eseguito dalla capsula.





Al termine del test, il veicolo è stato completamente smontato e verificato in ogni sua parte.
Tra le cose che si è deciso di modificare, vi è la copertura esterna del cono; il sistema di isolamento con mattonelle nere è stata giudicata insufficiente e nel prossimo volo la capsula avrà un rivestimento riflettente; anche lo scudo termico è stato modificato, implementando un nuovo sistema di fabbricazione che non includerà il riempimento delle migliaia di cellette della struttura a nido d'ape con il materiale ablativo; questa procedura si è rivelata infatti poco accurata e molto lenta.

Il prossimo volo della capsula Orion, completa del modulo di servizio europeo (ESM) è previsto per Novembre 2018 per mezzo del primo razzo SLS Block 1.
Sarà il secondo e ultimo test nello spazio senza equipaggio prima di iniziare le missioni di esplorazione con equipaggio.

alla Prossima.

lunedì 29 febbraio 2016

Space Launch System - Parte 3 : "Critical Design Review"


A Novembre del 2015 il gruppo dedicato alla progettazione del nuovo razzo ha superato un passo fondamentale nel processo di sviluppo: la Critical Design Review (CDR).

In questa fase, iniziata a giugno, vengono riuniti tutti i progettisti interni ed esterni all'agenzia per una rivalutazione globale del lavoro svolto. 

Lo scopo è quello di passare al vaglio ogni singola scelta ingegneristica valutandone le motivazioni in funzione delle specifiche richieste per il progetto.

Al termine della CDR si dispone di un progetto maturo e dettagliato, può quindi iniziare la costruzione del primo prototipo.


Le missioni dello Space Launch System

A questo punto occorre aprire una parentesi; se il programma Costellation aveva un chiaro obiettivo e un profilo di missione definito, questo non si può dire per il nuovo razzo.

Come la nuova capsula Orion (di cui tratterò in un post dedicato), il nuovo SLS è stato progettato con specifiche che consentano un certa flessibilità nel pianificare le missioni. A dirla tutta le specifiche del progetto sono basate più su quello che si aveva a disposizione che non in funzione di uno specifico obiettivo.

A tutt'oggi le missioni di esplorazione di SLS sono ancora in fase di definizione e sono state annunciate solo le due missioni di test:
  • SLS 1 - EM1 (Exploration Mission 1), Razzo SLS Block 1: Invio della capsula Orion senza equipaggio attorno alla luna (Lancio previsto: Dicembre 2018)
  • SLS 2 - EM2 (Exploration Mission 2), Razzo SLS Block 1b: Invio della capsula Orion con equipaggio attorno alla Luna (Lancio previsto: Aprile 2023)
La missione successiva, non ancora annunciata, dovrebbe portare un equipaggio ad esplorare un asteroide, o un grosso frammento di esso, precedentemente riposizionato nei pressi della Luna.


Il nuovo Space Launch System approvato dallo Standing Review Board

Si è deciso di non verniciare il Core Stage ne l'interstadio che, per risparmiare peso, manterranno il colore arancio del materiale isolante esterno, allo stesso modo di quanto era stato fatto con External Tank (ET) della Space Shuttle dopo i primi lanci.


Piano di sviluppo del nuovo razzo Space Launch System


Il core stage monterà 4 motori a idrogeno e ossigeno liquidi (LH/LOX) RS-25, recuperati dalle navette spaziali ormai in pensione.

Per i primi 2 minuti di volo i 4 motori RS-25 saranno coadiuvati da 2 booster a combustibile solido (SRB) a 5 segmenti, derivati dagli SRB a 4 segmenti dello Space Shuttle ma a differenza di questi ultimi, saranno a perdere e non saranno recuperati dopo la missione.


Rappresentazione artistica dei componenti del razzo SLS Block 1 in versione "Equipaggio" con la capsula Orion


La prima versione del razzo, Block 1, sarà capace di portare in orbita bassa 70 t di carico e utilizzerà come stadio superiore una versione adattata del secondo stadio del razzo Delta IV a idrogeno e ossigeno liquidi, capace di più accensioni nel vuoto ma non certificato per l'uso con equipaggio; questo stadio chiamato Interim Cryogenic Propulsion Stage (ICPS) sarà utilizzato solo nella prima missione (EM-1).
  
La seconda versione del razzo, Block 1b, vedrà il debutto di un nuovo stadio superiore (EUS: Exploration Upper Stage) i cui dettagli costruttivi non sono ancora stati definiti, quello che è certo è che sarà certificato per il trasporto dell'equipaggio e avrà una capacità di carico in LEO (Low Earth Orbit) pari a 105 t
Questo modello del razzo sarà sviluppato anche in versione cargo con un'ogiva di circa 8 metri.

Più avanti sarà sviluppata un terzo modello (Block 2) che utilizzerà dei nuovi booster avanzati, tuttora in fase di valutazione, e forse 5 motori RS-25 per il Core Stage anziché gli attuali 4. L'obiettivo è garantire una capacità di carico pari a 130t in LEO, maggiore di ogni altro razzo mai costruito.

Alla prossima.