Al giorno d'oggi quasi tutti i lanci di satelliti commerciali e scientifici sono affidati a compagnie private; anche i primi servizi per il trasporto di equipaggi si appresta a diventare un servizio offerto dalle industrie spaziali che vedono nel nuovo mercato del turismo spaziale ulteriori opportunità di guadagno.
Può sembrare strano ma il mercato dei lanciatori commerciali non nasce solo dalla crescente domanda da parte dei clienti, l'evento più importante che ha portato alla nascita del mercato dei lanci commerciali è stato il disastro dello Space Shuttle Challenger.
Un nuovo modo di accedere allo spazio
Con il termine del programma Apollo la NASA ha visto ridursi drasticamente i finanziamenti governativi ed iniziò un processo di valutazione sul cosa fare dopo la Luna.
Mentre gli scienziati spingevano per proseguire l'esplorazione del sistema solare mediante sonde automatiche e la messa in orbita di un telescopio spaziale, stava crescendo l'interesse per i satelliti artificiali da parte di soggetti militari sia USA che di altri paesi alleati, per sfruttarne le potenzialità nel campo delle telecomunicazioni e dello spionaggio.
Furono questi i presupposti per lo sviluppo del programma Space Transportation System (STS) che consisteva in una navetta riutilizzabile capace di trasportare in orbita bassa (LEO: Low Earth Orbit) carichi scientifici e militari in modo affidabile e ad un costo relativamente contenuto.
Il progetto fu sviluppato all'interno della NASA ma con la cooperazione del Dipartimento della Difesa, in particolare dell'USAF (United State Air Force), che finanzio parte dei costi.
L'obiettivo dello Space Transportation System era essenzialmente quello di consentire un rapido ed economico accesso allo spazio per il più ampio numero di carichi possibile, per questo motivo le specifiche iniziali prevedevano:
Un sistema totalmente recuperabile: doveva essere costituito da due navette, la prima avrebbe portato il quota la seconda (l'orbiter) agganciato sul dorso, e sarebbe rientrata su una normale pista di atterraggio; l'orbiter avrebbe raggiunto l'orbita bassa e dopo aver rilasciato il carico, sarebbe rientrato atterrando anch'esso come un normale aereo.
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Concept del nuovo sistema di trasporto spaziale così come era stato inizialmente pensato dalla NASA. Gli eccessivi costi di sviluppo hanno obbligato NASA a optare per un sistema solo parzialmente recuperabile. |
Ampia capacità operativa:
Lo Space Shuttle poteva trasportare fino a 5 satelliti per un totale di circa 23t di carico utile in LEO oltre a un equipaggio di 4-7 astronauti e un'autonomia in orbita di 14 giorni.
Il monopolio dello Space Trasportation System
Con l'inizio delle missioni operative dello Space Shuttle si determinò il quasi totale monopolio dei lanci satellitari da parte dell'agenzia spaziale americana.
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Rilascio di un satellite dal vano di carico dello Shuttle |
La NASA forniva servizi di lancio anche per i primi clienti privati e per i governi amici ma con molte limitazioni soprattutto in termini di garanzie sulle tempistiche di lancio dei loro satelliti, la priorità andava sempre alle richieste dell'USAF; inoltre la politica della NASA era quella di non fornire appoggio allo sviluppo di tecnologie estere più avanzate di quelle interne.
Questo tipo di approccio poco commerciale e fortemente influenzato dalla politica rese difficoltoso l'accesso allo spazio per le industrie private e per i governi degli altri paesi alleati.
Da questo mancanza della NASA ne approfittò la neonata compagnia spaziale Arianspace (vedi seguito...)
Nel corso delle prime missioni fu subito chiaro che le previsioni circa l'usura di molti elementi era stata ottimistica e si rese necessario un incremento delle attività di manutenzione post-volo delle navette, nonostante questo primo aumento dei costi, fu l'esplosione in volo dello Space Shuttle Challenger a cambiare radicalmente il futuro dei lanci satellitari.
Il punto di svolta: il disastro del Challenger
Il programma STS era stato progettato pensando poco alla sicurezza, l'incolumità dell'equipaggio era affidata principalmente alla presunta affidabilità del sistema.
Nel concreto erano state sviluppate procedure di sicurezza solo per alcuni possibili problemi, tra cui la ridotta potenza dei motori principali (SSME) e l'impossibilità di aprire i portelloni del vano di carico una volta in orbita.
La navetta disponeva inoltre di apparati ridondanti per alcuni sottosistemi critici come: i computer del sistema di guida, i propulsori di manovra, le celle a combustibile e altri apprati del sistema di supporto vitale.
Non era però possibile, per l'equipaggio, abbandonare l'orbiter nel caso questo fosse gravemente danneggiato o allontanarsi rapidamente dalla vettore di lancio nel caso ci fosse stato un'esplosione dei motori.
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Esplosione della Navetta Challenger poco dopo il decollo |
L'esplosione del Challenger 73 secondi dopo il decollo mostrò a tutti la fragilità del sistema.
Dopo l'incidente, seguì un'inchiesta che portò alla rivalutazione dei requisiti di sicurezza del programma STS e ne certifico i limiti intrinseci, a cui non fu possibile trovare una soluzione praticabile.
Per essere chiari: in una situazione come quella accorsa alla navetta Challenger, anche dopo la revisione del programma, l'equipaggio non avrebbe avuto modo di abbandonare la navetta.
Nel rapporto finale dell'indagine si stabilì un importante principio: la vita umana è una risorsa troppo preziosa per essere messa in pericolo senza una assoluta necessità, quindi, l'utilizzo di veicoli con equipaggio (manned) doveva essere limitato alle missione in cui fosse assolutamente necessaria la presenza umana.
Per il lancio di satelliti non era necessaria la presenza di un equipaggio, infatti, il servizio poteva essere portato a termine da sistemi automatici.
Questo assunto, assieme ai crescenti costi (un lancio costava circa 500 milioni di dollari) decretò la fine dei servizi di lancio forniti dallo Shuttle.
Quando, 32 mesi dopo l'incidente, la navetta spaziale riprese le sue missioni, il programma non era più lo stesso: il numero dei voli venne drasticamente ridimensionato e indirizzato principalmente alla costruzione della Stazione Spaziale Internazionale.
Questo fatto causò un impennata nella richiesta di sistemi di lancio automatici, in primo luogo per il lancio dei carichi militari USA ma anche per la crescente domanda da parte dell'industria civile.
In un primo momento l'USAF riprese ad utilizzare i razzi disponibili prima dell'inizio delle missioni Shuttle; quasi tutti un'evoluzione di missili balistici, tra cui il Titan II, l'Atlas II, etc..
La situazione che si era creata indusse le compagnie, che prima fornivano componenti per i sistemi di lancio alla NASA, a sviluppare servizi di lancio completi: dal ricevimento del carico utile alla consegna dello stesso nell'orbita richiesta.
Una ulteriore spinta in questa direzione fu data dalle richieste dell'USAF per il programma EEVL.
Evolved Expendable Launch Vehicle (EEVL)
Agli inizi degli anni '90 l'USAF iniziò a delineare le specifiche da richiedere all'industria per un servizio di lancio, progettato fin dall'inizio per le proprie esigenze e non più per sistemi o componenti da utilizzare in proprio ma affidando a compagnie private l'intera gestione dei vettori.
Nel 1994 vennero diffuse le specifiche per il programma Evolved Expendable Launch Vehicle (EELV, Veicolo di Lancio Evoluto Non riutilizzabile).
La competizione vide vincitrici Lockheed Martin e Boing che, per risolvere una disputa legale, unirono gli sforzi in una nuova compagnia spaziale: la United Launch Alliance (ULA).
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Le famiglie di lanciatori Delta IV e Atlas V proposte per il programma EEVL |
Dal 2006 al 2015 ULA, con i sui razzi Delta IV e Atlas V, ha detenuto il monopolio dei servizi di lancio per l'USAF; fino al 2015, infatti, i suoi razzi erano gli unici ad essere certificati per imbarcare carichi militari e classificati.
Dal 2015 anche il razzo Falcon 9 della SpaceX ha ottenuto la certificazione e potrà competere nelle prossime gare d'appalto indette dal Dipartimento della Difesa Americano.
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Razzo Atlas pronto al lancio |
Il mercato dei lanci per clienti commerciali ha visto fin da subito la presenza di almeno un concorrente a ULA, l'europea Arianspace.
L'Europa: ESA e Arianspace
il primo operatore commerciale a dare una risposta alla crescente domanda di lanci orbitali fu l'Agenzia Spaziale Europea (ESA).
Fin dai tempi dello Space Shuttle, Arianspace forniva servizi di lancio ai governi europei e a clienti privati con un'ottica orientata al cliente.
La serie di razzi Ariane, in particolare Ariane 4 e Ariane 5 sono caratterizzati da una elevatissima percentuale di successo ed un costo ampiamente inferiore a quello praticato dalla NASA con lo Space Shuttle.
Per ridurre i costi Arianspace ha sviluppato tecnologie per poter lanciare più carichi con lo stesso razzo.
Ariane 5, in particolare, è stato sviluppato per operare principalmente lanciando 2 carichi alla volta.
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I lanciatori operati da Arianspace |
Negli ultimi anni al razzo pensante Ariane 5, capace di portare circa 21t in LEO, si sono affiancati il razzo russo medio Sojuz (3,2t in LEO) e il nuovo razzo leggero Vega: progettato, sviluppato e prodotto principalmente dall'italiana Avio, ha una capacità di carico pari a circa 1,5t in LEO.
La Russia e le repubbliche dell'ex Unione Sovietica
Durante tutto il periodo della guerra fredda, il blocco sovietico è rimasto un'entità chiusa a se stante, l'accessoo allo spazio era prerogativa del governo mediante vari modelli di razzi, quasi tutti predecessori del moderno Sojuz o mediante le prime verisoni del razzo Proton
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Decollo di un razzo Soyuz dalla base di Baikonur in Kazakistan |
Quando la NASA presentò il programma Space Shuttle l'URSS vide nella nuova navetta spaziale un potenziale bombardiere spaziale capace di portare numerosi ordigni nucleari in orbita e farli rientrare sul territorio russo con pochissimo preavviso.
Per riequilibrare le forze in campo, progettò e testò a tempo di record una navetta spaziale analoga allo Space Shuttle Americano, venne chiamata Buran e ed era lanciata dal potente razzo Energia.
Buran non effettuò alcun volo con equipaggio ma solo test di volo automatico, con la caduta dell'Unione Sovietica il progetto venne abbandonato.
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Navetta russa Buran nell'angar e sulla rampa pronta al lancio. |
La secessione dei paesi dell'ex Unione Sovietica e l'attuazione degli accordi di riduzione degli armamenti START e SALT generò una sovrabbondanza di missili balistici (ICBM) che non dovevano essere smantellati, molti di questi missili furono convertiti per l'uso commerciale, tra cui il DNEPR e lo Zenit.
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Decollo di un razzo DNEPR dal suo silo sotterraneo. |
Situazioni attuale
Un cliente che necessità di piazzare un carico in orbita, può scegliere tra un gran numero di lanciatori di diversi paesi: USA, Europa, Russia, Ucraina, Giappone e Cina, che offrono servizi commerciali.
Da qualche anno si stanno affacciando sul mercato nuove aziende che puntano sulla riduzione dei costi di lancio mediante politiche di standardizzazione dei componenti e delle procedure: tra queste spicca l'americana SpaceX che propone lanci di carichi fino a 4,5t in orbita geosincrona di trasferimento (GTO) con il suo razzo Falcon 9 per poco più di 60 milioni di Dollari.
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Falcon 9 negli stabilimenti di SpaceX |
Recentemente SpaceX è riuscita nell'impresa di far atterrare il primo stadio del Falcon 9, l'obiettivo è riuscire a riutilizzare i razzi per abbassare ulteriormente i costi di accesso allo spazio.
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Primo stadio del razzo Falcon 9 di SpaceX in fase di atterraggio. |
Per la prima volta nella storia si è potuto vedere il primo stadio di un razzo orbitale usato!
Alla Prossima